Il decalogo per l’olio sostenibile, dalle cassette in plastica al posto dei sacchi in juta ai noccioli come combustibile- Corriere.it

2022-10-14 21:34:20 By : Mr. harry Li

Una volta scoperto che un olivo è in grado di assorbire due chili di anidride carbonica al giorno è facile immaginare quanto possano fare bene al Pianeta e all’aria il milione e 153mila ettari coltivati in Italia per produrre olive e olio. Nel nostro Paese esistono oltre 500 varietà classificabili di questa pianta, la più grande biodiversità al mondo, e nei 5mila frantoi presenti sul territorio vengono realizzati, tra gli altri, 43 tipi di extravergine Dop e 4 Igp. Per questo parlare di sostenibilità in riferimento alla produzione dell’olio sembra superfluo. Eppure nel caso del nostro “oro verde”, questa parola assume un’accezione diversa, legata alla qualità del prodotto , all’utilizzo di sostanze che non ne alterino il gusto, al rispetto della terra. Foa (Frantoi oleari associati) e Unaprol (il consorzio olivicolo italiano) hanno realizzato una raccolta di raccomandazioni destinate a frantoiani e a olivicoltori con lo scopo di diffondere le buone pratiche dalla raccolta all’imbottigliamento, per assicurare che quello che arrivi in tavola e nel mondo sia sempre un prodotto di eccellenza e che rispetti i limiti imposti dalle normative.

Foa e Unaprol hanno raccolto una serie di raccomandazioni per frantoiani e olivicoltori per diffondere le buone pratiche dalla raccolta all’imbottigliamento, per assicurare che quello che arrivi in tavola e nel mondo sia sempre un prodotto di eccellenza

I vademecum, realizzati in collaborazione con le Università di Udine e di Bologna , sono stati messi a disposizione per essere acquistati a partire dall’inizio di settembre, in modo da precedere la fase di raccolta delle olive. «L’idea è nata a partire l’attività didattica del Foa», spiega Michele Librandi, agronomo e consigliere dell’associazione, coordinatore scientifico del progetto. «I corsi hanno sempre una partecipazione importante e interessata soprattutto da parte della nuova generazione di frantoiani. In parte perché sostituiscono quella precedente, in parte perché hanno voglia di informarsi e di aggiornarsi». I consigli sono semplici, a volte possono anche sembrare scontati , «ma pensiamo che possa essere ancora utile che vengano ripetuti, o che vengano raccolti in modo ordinato e resi disponibili a tutti». Per i consumatori, districarsi tra le bottiglie al supermercato non è semplice, ma le “etichette” possono fare da guida. Oltre alle classiche “Dop” e “Igp” e bio, ci sono il bollino “Sqnpi” che indica che l’olio è stato prodotto nel rispetto del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, e il marchio di Unaprol.

La prima cosa da fare quando si pensa a una raccolta sostenibile oggi è cancellare quelle immagini romantiche e retrò fatte da olive raccolte in sacchi di juta. «Quella dei sacchi di juta è una pratica praticamente abbandonata, ma volevamo essere chiari e ribadire un concetto che per molti può sembrare ovvio», continua Librandi. « Le fibre che compongono i classici sacchi potrebbero contenere degli oli minerali e provocare dei difetti organolettici nelle olive . A questi è meglio preferire delle cassette di plastica o i “bins”, come vengono chiamati in gergo tecnico. Più adatti agli alimenti e forati, in modo che l’aria possa circolare ». Un secondo punto da tenere a mente è l’attenzione ai gas di scarico. «Quando le olive vengono portate in frantoio e stoccate all’esterno, una semplice norma è quella di chiedere ai mezzi in attesa di spegnere i motori», aggiunge Librandi. «I motori accesi nei pressi dei frantoio potrebbero provocare delle contaminazioni. E per molti non si tratta di una cosa scontata». Per lo stesso motivo bisognerebbe prestare un’attenzione particolare alle olive degli alberi che affacciano su strade con un traffico elevato: «Andrebbero raccolte e lavorate separatamente rispetto a quelle provenienti dall’interno». Importante poi rispettare sempre i tempi di carenza (Intervallo di tempo che deve intercorrere fra l’ultimo trattamento con un principio attivo e il raccolto) per i prodotti utilizzati, in modo che non influiscano sulla qualità delle olive.

Spostandoci in frantoio, le buone pratiche riguardano soprattutto la manutenzione dei macchinari e le precauzioni da adottare per l’uso di sostanze chimiche che potrebbero contaminare l’olio. Per questo il vademecum spiega chiaramente come gli interventi sulle macchine devono essere fatti sempre tra una campagna (di raccolta o di lavorazione) e l’altra . Ma vengono indicate anche le corrette operazioni di pulizia con indicazioni per la scelta dei detergenti. Inoltre, si specifica che all’interno dei frantoi debbano essere utilizzati solo veicoli a trazione elettrica e compressori oli free, oltre a dover prestare un’attenzione particolare alla qualità dell’aria all’interno . «In frantoio, non è raro che venga recuperato il prodotto residuo, separando il nocciolo dalla polpa», continua Librandi. «È un modo per chiudere il ciclo dando vita a un processo di economia circolare utilizzando il nocciolo, che è legnoso, per riscaldare gli ambienti o per produrre l’acqua calda. E non è scontato, anzi».