Una pianta millenaria che ha ispirato nell'antichità quanto nella modernità. E' possibile recuperarne il valore storico e paesaggistico anche con qualche buona lettura, da condividere con gli amici, magari sotto l'ombrellone.
A tutti voi buone vacanze!
Teatro Naturale riprenderà le pubblicazioni dal 25 agosto
Un ramoscello d’olivo, portato nel becco di una colomba, annunciò a Noè la fine del diluvio.
Non è la sola leggenda che avvolge l'olivo e lo rende immortale. Zeus decise di dare in dono Atene e l'Attiva al Dio che avrebbe fornito a questa terra il dono più utile. A sfidarsi Atena e Poseidone. Poseidone fornirà il cavallo, Atena l'olivo. Zeus giudica vincitrice la dea sua figlia, sostenendo che il cavallo è per la guerra mentre l’olivo è per la pace. Si tratta di due storie conosciute da tutti, che è bene ricordare quando si compra una bottiglia d'olio.
Meno conosciute ma ugualmente molto significative e importanti alcune poesie di importanti autori italiani e internazionali che hanno trovato nell'olivo e nell'olio la loro ispirazione.
Speriamo che queste parole lo siano anche per voi. Buona estate
Olio con sapiente arte spremuto Dal puro frutto degli annosi olivi, Che cantan -pace! -in lor linguaggio muto Degli umbri colli pei solenti clivi, Chiaro assai più liquido cristallo, Fragrante quale oriental unguento, Puro come la fè che nel metallo Concavo t’arde sull’altar d’argento, Le tue rare virtù non furo ignote Alle mense d’Orazio e di Varrone Che non sdegnàr cantarti in loro note…
Tu, placido, pallido ulivo, non dare a noi nulla; ma resta! ma cresci. sicuro e tardivo, nel tempo che tace! ma nutri il lumino soletto che, dopo, ci brilli sul letto dell’ultima pace!”
Cielo azzurro Campo giallo Monte azzurro Campo giallo Per la pianura deserta Sta camminando un olivo Un solo Olivo
Accanto al frusciare del cereale, tra le onde del vento sull’avena, l’ulivo dal volume argentato, stirpe austera, nel suo ritorto cuore terrestre: le gracili ulive lucidate dalle dita che fecero la colomba e la chiocciola marina: verdi, innumerevoli, purissimi picciuoli della natura, e lì negli assolati uliveti, dove soltanto cielo azzurro con cicale e terra dura esistono, lì il prodigio, la capsula perfetta dell’uliva che riempie il fogliame con le sue costellazioni: più tardi i recipienti, il miracolo, l’olio. Io amo le patrie dell’olio, gli uliveti di Chacabuco in Cile, al mattino le piume di platino forestali contro la rugosa cordigliera, ad Anacapri, là su, nella luce tirrena, la disperazione degli ulivi, e nella carta d’Europa, la Spagna, cesta nera di olive spolverata di fiori d’arancio come da una ventata marina. Olio, recondita e suprema condizione della pentola, piedistallo di pernici, chiave celeste della maionese, delicato e saporito sulle lattughe e soprannaturale nell’inferno degli arcivescovili pesciprete. Olio, nella nostra voce, nel nostro coro, con intima mitezza possente tu canti: sei lingua castigliana: ci sono sillabe di olio, ci sono parole utili e profumate come la tua fragrante materia. Non soltanto il vino canta, anche l’olio canta, vive in noi con la sua luce matura e tra i beni della terra io seleziono, olio, la tua inesauribile pace, la tua essenza verde, il tuo ricolmo tesoro che discende dalle sorgenti dell’ulivo.
Il tempo che si rinfresca ed il mare che si increspa, Tutto mi dice che l’inverno è arrivato per me E che bisogna, senza indugio, raccogliere le mie olive, E offrirne l’olio vergine all’altare del buon Dio.
Frédéric Mistral
Pure colline chiudevano d'intorno marina e case; ulivi le vestivano qua e là disseminati come greggi, o tenui come il fumo di un casale che veleggi la faccia candente del cielo. Tra macchie di vigneti e di pinete, petraie si scorgevano calve e gibbosi dorsi di collinette: un uomo che là passasse ritto s'un muletto nell'azzurro lavato era stampato per sempre - e nel ricordo
A una proda ove sera era perenne Di anziane selve assorte, scese, E s'inoltrò E lo richiamò rumore di penne Ch'erasi sciolto dallo stridulo Batticuore dell'acqua torrida, E una larva (languiva E rifioriva) vide; Ritornato a salire vide Ch'era un aninfa e dormiva Ritta abbracciata a un olmo. In sé da simulacro a fiamma vera Errando, giunse a un prato ove L'ombra negli occhi s'addensava Delle vergini come Sera appiè degli ulivi; Distillavano i rami Una pioggia pigra di dardi, Qua pecore s'erano appisolate Sotto il liscio tepore, Altre brucavano La coltre luminosa; Le mani del pastore erano un vetro Levigato da fioca febbre
Settimanale Telematico di Letture, Visioni e Approfondimenti dal Mondo Rurale
Chi siamo - Contattaci - Pubblicità - Abbonamento - Disclaimer - Privacy Policy - Cookie Policy
Direttore responsabile: Alberto Grimelli Direzione e redazione: Loc. Termine Rosso, 222 - 57028 Suvereto (Livorno) Autorizzazione Tribunale di Livorno n. 12 del 19/05/2003 - ISSN 2239-5547 Tutti i diritti sono riservati
Web design Aerostato - Pubblicità VinoClic - Newsletter inviate con MailCom
Hai già un account su TeatroNaturale.it? Accedi >
Password dimenticata? Recupera password > Non hai un account su TeatroNaturale.it? Registrati >
Non hai un account su TeatroNaturale.it? Registrati >